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Il ruolo del colon, a lungo ignorato, è molto complesso: recupero di energia, di minerali, sintesi di vitamine, mantenimento di una flora non patogena suscettibile di avere un impatto favorevole sull’immunità. Inoltre riveste un ruolo chiave nell’eliminazione delle scorie metaboliche: il consumo di prodotti vegetali aumenta notevolmente le perdite fecali di azoto batterico.
 
Poiché una parte di queste sintesi batteriche è stata realizzata a partire dall’urea sanguigna, l’intestino crasso costituisce un secondo polo di eliminazione dell’azoto che alleggerisce così il compito dei reni. L’esempio più importante riguarda l’eliminazione del colesterolo e dei suoi metaboliti, i sali biliari.
Non essendo degradato dall’organismo, il colesterolo è principalmente eliminato, così com’è, per via biliare, nell’intestino o dopo la trasformazione in sali biliari.
 
Le fibre facilitano l’eliminazione di questi composti.
Numerosi micronutrimenti associati alle fibre intrappolano le sostanze mutagene e neutralizzano i radicali liberi. Tuttavia, lo sviluppo delle tecniche di macinatura ha permesso di disporre di farine bianche di tipo “0” e “00”, prive dei tegumenti esterni (crusca). Nel corso di questo processo, le perdite di minerali, micronutrienti e di fibre alimentari sono notevoli rispetto ai loro tasso iniziale nel grano integrale (i minerali sono ridotti di tre volte, il magnesio di sei/sette volte, la maggior parte dei minerali, degli oligoelementi e delle vitamine di due/cinque volte).
 
Allora perché l’uso della farina bianca è cosi generalizzata? La ragione va ricercata nel fatto che il prodotto sembra più puro, più facile da usare e più digeribile. Non ci si è resi conto che il biancore degli alimenti associato a un concetto di purezza, si accompagna anche a un abbassamento non trascurabile della loro densità nutrizionale di micronutrienti.
 
Nicola Camera